Nel corso della storia, lo sviluppo delle attività umane e delle esigenze di spostamento, sia pedonali che su ruote, hanno evidenziato una serie di inconvenienti che caratterizzano le pavimentazioni in terreno naturale. La formazione di fango, in concomitanza agli eventi meteorici, la formazione di “ormaie” molto pronunciate nelle zone con transito concentrato e l’erosione dovuta alle acque di scorrimento superficiali, rendono la pavimentazione difficilmente percorribile ai mezzi su ruote.
In definitiva tutti gli inconvenienti nascono da un’unica problematica: uno scarso legame esistente tra i granuli.
Che cosa è lo stabilizzato?
Lo Stabilizzato è l’aggregato, naturale o riciclato, utilizzato quale materiale per sottofondi, rilevati, lavori stradali e simili per antonomasia.
Che sia di origine naturale (e provenga dall’estrazione dei bacini dei fiumi) o che sia riciclato (si veda la Circolare Min. Amb. n. 5205 del 15 luglio 2005 recante “Indicazioni per l’operatività nel settore edile, stradale e ambientale”), lo stabilizzato deve comunque rispettare la norma UNI EN 13424:2008 (aggregati per materiali non legati e legati con leganti idraulici per l’impiego in opere di ingegneria civile e nella costruzione di strade).
I materiali
La calce viene utilizzata per conferire ai terreni incoerenti o con scarse caratteristiche portanti, un miglioramento delle caratteristiche meccaniche sfruttando l’interazione delle particelle umide dell’argilla con la calce. Lo sviluppo della reazione idratante della calce porta ad un indurimento dell’impasto e quindi ad un incremento delle capacità portanti del suolo trattato.
Il campo di applicazione della stabilizzazione a calce è molto ampio, con essa si interviene per migliorare: le condizioni di strade di campagna, le capacità portanti dei piani di posa dei rilevati stradali, le bonifiche di aree destinate ad urbanizzazioni e a nuove costruzioni.
Il cemento viene adoperato per aumentare le capacità portanti di fondazioni stradali aventi una stabilità compromessa a seguito di profonde deformazioni della sovrastruttura stradale o più in generale per migliorare la classificazione dei materiali. Attraverso questa applicazione è possibile realizzare in sito un prodotto addirittura superiore ai misti cementati che ormai da anni risultano prescritti nelle strade ad elevato traffico pesante.
Lo stabilizzato è un prodotto o un rifiuto?
Con il limite che lo stabilizzato, una volta rimosso, mantenga nel tempo – non definibile a priori – le sue precipue caratteristiche tecniche che lo renderebbero idoneo all’utilizzo cui è destinato, si ritiene che – scartata l’ipotesi di classificarlo come sottoprodotto in quanto sicuramente non derivabile da un processo di produzione – il medesimo potrebbe tuttavia essere considerato un prodotto suscettibile di reimpiego.
Infatti, si ritiene che:
1) Non costituisca un rifiuto, perché non è una sostanza od oggetto di cui l’impresa appaltatrice si disfa o abbia l’intenzione o abbia l’obbligo di disfarsi, anzi – in considerazione del suo costo – intenderebbe impiegarlo nuovamente (art. 183, c. 1, lett. a).
2) Non costituisca un sottoprodotto, perché – come sopra anticipato – non è originato da un processo di produzione, né si ha certezza del suo utilizzo (art. 184-bis).
3) Non appartenga alla categoria dell’E.O.W. (end of waste), in quanto a priori non è mai stato un rifiuto (art. 184-ter).
Una simile conclusione è perfettamente in linea con le previsioni comunitarie e nazionali in ordine alla gerarchia della gestione dei rifiuti, che pongono al primo posto la prevenzione della produzione dei rifiuti (così art. 4 della Dir. 2008/98 e art. 179 del D.L.vo 152/06).
Resta, peraltro, inteso che in tale ipotesi lo stabilizzato dovrà essere gestito, identificato, trasportato, depositato e riutilizzato con modalità corrette ed idonee a garantire nel tempo il mantenimento delle sue caratteristiche, nonché a evitare che esso venga confuso con rifiuti eventualmente prodotti nel corso delle attività di scavo.
IRMEL Servizi Ambientali
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